Mi sono imbattuto oggi, domenica mattina, zona rossa, tra le centinaia di auto in attesa di poter effettuare il tampone rapido alla Fiera di Palermo. All’ingresso del drive-in voluto dalle autorità locali sono ad accogliere gli astanti, in speranzosa attesa, tra gli altri i volontari dell’Associazione di protezione civile della ERA – European Radioamateurs Association, sezione di Palermo.
Osservo a debita distanza, ma con attenzione, l’attività che viene svolta. Un filtro umano carico di energia, nonostante il continuo permanere in piedi di uomini e donne in uniforme.
Un’accoglienza genitoriale, da mamme e papà che accolgono gli intervenuti con educazione, attenzione e pazienza (non sempre di presentano utenti disposti ad attendere il logo turno con rispetto delle norme). All’accoglienza viene ripetuta centinaia di volte una domanda: cosa deve fare? Sembra una domanda stupida, in realtà non lo è perché nella colonna lunga che si crea non ci sono soltanto coloro che devono fare i tamponi, ma anche chi deve fare il vaccino e chi deve fare il tampone molecolare, categorie alle quali sono riservate entrate diverse.
Arriva il turno di un’auto carica di donne e bambini. Qualcuno ha consigliato loro di fare i tamponi perché a scuola ci sono stati dei casi sospetti. Dopo aver fornito le indicazioni necessarie agli occupanti dell’utilitaria uno dei bambini, avendo percepito l’umanità della volontaria che con dolcezza aveva fornito le informazioni, chiede alla mamma improvvisata se nel fare il tampone gli faranno male: la volontaria lo rassicura con quella dolcezza e con quella attenzione che può dedicare una mamma ai propri figli e lo rassicura dicendogli che gli metteranno nel naso un piccolo “cotton fioc”, come quelli che si mettono nelle orecchie! La macchina avanza dietro le precedenti con maggiore serenità e non solo per i bambini.Arriva un ulteriore mezzo con occupanti che, rassicurati dall’aspetto sereno dei volontari, sono spinti dalla necessità di instaurare un breve colloquio. Passano i minuti passano le ore e quei volontari, con le gambe sempre più stanche, non perdono il loro splendore, continuando a gestire la fila che non diminuisce, ma aumenta sempre più.
Me ne vado attratto dalla grande professionalità dei volontari conosciuti e, seduto in macchina mi sento quasi in colpa nei confronti dei ragazzi che per amore del prossimo continuano imperterriti il loro servizio. Ma di una cosa sono fieri; un pensiero che mi hanno confessato durante il servizio e cioè: fieri di appartenere ad una organizzazione, l’ERA
che li fa sentire a casa propria e che ha tanto rispetto di quel patrimonio umano composto da giovani, magari ancora in cerca di prima occupazione, da uomini e donne già occupati e da pensionati in avanti con gli anni. Ma tutti con una capacità di trasmettere…. non solo trasmissioni via etere, ma anche trasmissione di amore per il prossimo! Chissà se coloro che hanno creato la sigla ERA in fondo non volevano trasmettere …anzi: Emanare Realmente Amore!